L'energia sovversiva del primo futurismo è ancora vivace, sobbollente vulcano di potenziali scoperte e ubriacature dionisiache. Si propone dietro un angolo come momento di liberazione dalle catene che affliggono ancora la mia e tutte le nuove generazioni da allora, che siano state poi mandate a bruciarsi sul carso, sul Don, nel soporifero parastato democristiano, nel consumismo tossico rai-belusconico o divorate dal caos precario del XXI secolo.
Il piu' grande dono che abbiamo ricevuto dall'arte delle avanguardie, futurismi, italiani o d'altrove, dada surrealismo o situazion lutherblissettismo che sia, è la plasticità dell'immediato. Ovvero per citare Marinetti (sia giovine che vecchio mummificato), la capacità di spezzarci le ossa (metaforiche) e trarre esplosivo dal midollo per lasciare che l'energia creativa si esprima con colore odore e sapore suo. E' proprio l'atto creativo che esige una propria teoria si, ma che poi si da una forma e una materia attraverso l'azione immediata, ad essere il motore dell'arte (e quindi dello spirito) di un popolo in perenne mutazione e trasformazione, particolare nel qui e ora e, quindi, universale, nella presenza.
Il cinema, come un certo tipo di performance e come le arti multimediali in toto, possiede questa capacità di essere sia tecnico che creativo, non solo nel linguaggio ma nella sua essenza tecnica.
Il Cinema Solubile nasce come spazio-tempo-situazione in grado, scardinando alcune meccaniche socio economiche prevalenti, di recuperare la nozione di soggetto creatore e di momento creativo attivo in tutti i partecipanti. Scatena l'immaginazione tecnica del cineasta, esige la collaborazione delle altre arti, del musicista, del performer, dell'attore, cortocircuita i generi e le nozioni e soprattutto coinvolge il pubblico in un gioco, che è fondamentalmente sovversivo. Non basta avere un cellulare che puo' riprendere in modo eccelso per fare cinema perché il cinema è ANCHE fuori.
La sovversione della nozione di prodotto culturale è parte del concetto; il termine stesso "prodotto" ci porta fuori dal discorso verso l'accettazione a priori dell'unica nozione essenziale del nostro tempo, quella di essere subordinati alla materia vendibile, come se si fosse solo perché si puo' essere pagati. Il cinema solubile è, in quanto esiste, e perché si trasforma in vissuto, indipendentemente dall' essere prodotto. E' in quanto puo' essere raccontato, esse est vivere, vita est narratio.
Il Cinema solubile come gioco, azione, poema, happening, rappresenta un quid che va al di la del problema del "fare un film". Il cinema solubile il problema non se lo pone proprio. Risponde a modo suo al concetto di come si vede, di come si racconta e di come s iconnette assieme cio' che va raccontato. Cinema è costruzione, architettura e educazione sentimentale. Quindi, la produzione del film, che intende l'oggetto come fine dell'attività è spesso fuorviante. Il cinema in quanto "problema" ha i giorni contati. Il cinema deve diventare poesia popolare. E su questo sono d'accordo anche i grandi maestri. Il cinema risolto va dissolto, come una medicina amara o dolce, in un suo liquido essenziale, che è spirito, società, comunità e risorgere mutato dai mille cristalli in cui questo brodo vorrà condensarsi. Il solubile è sia soluzione che dissoluzione creativa. Metafora e esercizio liberatorio.
Il Cinama solubile, trasformando il "fare il film" in gioco dimostra tre cose:
Il cinema futurista originario è anche in gran parte scomparso. Limiti della tecnica, disinteresse, bombardamenti, lo hanno riportato al mito da cui era emerso. Questo è un grande vantaggio per noi che dobbiamo re-inventarlo e farlo nostro per reinventare un futuro che ci piaccia a noi. Un Futuro in cui il nostro ruolo sia indifferentemente di spettatore, di critico, attore o di poeta della visione e comunque di partecipante.
La storia di questo cinema viene dalla performance multimediale, dal fenomeno da baraccone, dal freakshow, dalla poesia a braccio. E' arte popolare per eccellenza, si paga con la risata e l'erezione, la paura catartica e la lacrima dozzinale o sincera, con la scusa per rimanere al buio tra amanti. Il Cinema che si ama è sempre stato un fenomeno dipendente da dove si vive, come e con chi. Un arte al confine tra collettivo e disperata ricerca di privato, come un grande e felliniano finale in cui l'astronave è solo un sogno disperato. Nel teatrino o nel tendone, nella sala, sempre piu' attrezzata per il suono meccanico o per la dimensione dello schermo l'estensione della tecnica è comunque obsoleta. Sempre e comunque un esperienza. Sempre piu' scusa per rubare tutta l'attenzione sensoriale dell'osservatore e centellinargli nello spirito qualcosa. Ma cosa? I futuristi come avanguardia qualche idea sul cosa la hanno espressa e ancora risuona, a piu' di cento anni di distanza. E ancora ha una funzione di liberazione di energia gcreativa, che sia questa pro o contro i dettami analogico-poetici del loro manifesto.
Oggi che la tecnica è accessibile a tutti, che ogni briciola di scienza, tecnica e sapere connesso al cinema è disponibile con due click, per ognuno, la capacità di fare cinema sembra ancora legata solo ed esclusivamente all'aspetto determinato dal "grande signore dei dischi" o del "padrone del vapore" che scenda dalla sua astronave tecno-capitalista per darti il permesso di costruire il tuo modo di essere, vedere, sentire, raccontare. Di essere prodotto. Questo è falso.
Contro l'uno e per l'altro, e ripescando la follia modernista e iconoclasta dei nostri progenitori, con i mezzi della tecnica di oggi liberati dall'idea di prodotto culturale, in libertà, e con rigore, giocando seriamente a essere semidei, cosi' oggi si fa il cinema solubile.
Dal 2004 il Cinema è stato dissolto e risolto in 10 edizioni ad Amsterdam, Bergen, Rotterdam, Spoleto, Roma, Capiello Sul Clitunno e in altri luoghi. Potete chiedere a chi c'era e ha fatto e visto...
Siete i benvenuti